MEDIATECA COMUNALE
2002
Roma
progetto architettonico
Il progetto che presento in questa pagina riguarda una mediateca comunale, ed è stato l’argomento della mia tesi di laurea in progettazione architettonica nell’anno accademico 2000-2001.
Lo presento come tale perché, nella convinzione che la discussione della tesi di laurea potesse essere una preziosa occasione per affrontare l’impegno progettuale di una situazione reale, è stato sviluppato sulla base dei documenti preliminari di un concorso di progettazione che doveva essere bandito dal Comune di Roma.
Il Programma di Recupero Urbano : Acilia del Comune di Roma prevedeva la realizzazione di una nuova biblioteca-mediateca e area verde attrezzata da realizzare con contributo regionale.
L’area di intervento, interna al PdZ 53 Palocco, è localizzata nel settore sud di Acilia in una posizione strategica per riconnettere un’area pianificata e i nuclei abusivi limitrofi da recuperare.
Gli obiettivi che si poneva l’Amministrazione erano la realizzazione di una nuova centralità, con funzioni integrate pubbliche e private con la finalità di distribuire sul territorio in modo equo i nuovi servizi pubblici e di dotare la zona di un servizio allora assente, da dimensionare in ragione di un bacino di utenza di 38.000 abitanti.
Il documento preliminare redatto dal Dipartimento VI Politiche del Territorio/U.O.3 Progetti Urbani, allegava i requisiti tecnici da rispettare, lo schema funzionale della nuova biblioteca del tipo “a scaffale aperto” con i vincoli di vicinanza, la percentuale degli spazi rispetto al totale e con la quantificazione del materiale documentario e richiedeva che essa affiancasse le funzioni educative-socio culturali con le nuove funzioni multimediali (mediateca-informatica) e che disponesse di spazi di lettura al chiuso e all’aperto nel connesso giardino di pertinenza.
L’edificio, di volume complessivo pari a 10.800 mc, doveva attribuire una nuova identità al luogo assumendo un ruolo di nuova centralità e di emergenza architettonica e doveva essere progettato secondo i canoni dell’architettura bioclimatica, realizzato con materiali naturali e dotato di impianti tecnologici per il risparmio energetico.
Progettare una biblioteca municipale oggi vuol dire progettare una mediateca, o meglio una biblioteca multimediale.
Mai una struttura consolidata da secoli ha subito così tanti cambiamenti nel giro di pochi decenni.
Le nuove funzioni sociali della biblioteca e la rivoluzione digitale i cui sviluppi ci sono ancora ignoti stanno imponendo una trasformazione dei modelli tipologici talmente radicale da potersi paragonare, secondo la Atripaldi, a quella altrettanto dirompente prodotta dall’invenzione della stampa nell’universo ancora claustrale delle biblioteche umanistiche.
Ma vediamo più in dettaglio cosa c’é all’origine di queste trasformazioni e quali sono i parametri morfologici, strutturali e funzionali che condizionano il processo progettuale.
Negli anni ’70 in Germania, nell’ottica di un impegno sociale delle strutture pubbliche, la biblioteca diventa sede di attività come proposte librarie per le minoranze etniche, progetti culturali rivolti alle fasce più disagiate, lotta all’analfabetismo e assume il ruolo di centro culturale di aggregazione per la comunità.
In questo contesto nasce la biblioteca “tripartita” o a “tre livelli”. Il concetto fondamentale che ne é alla base é che il servizio della biblioteca deve essere orientato all’utente e ai suoi bisogni e con il precedente teorico delle “browsing area” delle università americane propone due innovazioni fondamentali:
- l’istituzione di un nuovo settore “nahbereich” (il settore d’ingresso) che si affianca agli altri due (zona scaffale aperto e magazzino) e che, sistemato in prossimità dell’ingresso, si propone di favorire l’ingresso in biblioteca dei cittadini e si rivolge alle persone che vi entrano senza avere una richiesta specifica ma con curiosità e interessi non ancora esplicitati;
- l’individuazione di “interessenkreisen” (campi d’interesse o sezioni tematiche) che guidano la collocazione/presentazione dei libri nel nuovo settore. Questo, parzialmente indipendente e normalmente in stretto contatto con il caffé, é così formato da teche multimediali che accostano gli hobbie, i giochi, le novità editoriali, i libri tascabili, i glossari, la fonoteca, le informazioni di comunità.
Nello stesso periodo le biblioteche inglesi arrivano agli stessi esiti ma in queste il settore d’ingresso é completamente separato dal resto del patrimonio librario.
Ulteriori e importanti novità arrivano dalla Francia.
Se l’orientamento comune in tutti i Paesi é il primato della soddisfazione dell’utente, la Francia inserisce però il servizio pubblico della lettura in una logica che sia anche di profitto. Così le nuove “mediateche” francesi si arricchiscono di funzioni direttamente collegate alle attività culturali e di svago (discoteca, audiovideoteca, sale per spettacoli), calibrano l’offerta per fasce d’età e per etnie, e con l’intenzione di seguire attentamente l’evoluzione e le richieste del pubblico, affianca alle tradizionali attrezzature legate al mondo dei libri le più sofisticate strumentazioni per la conservazione, la catalogazione e la consultazione dei nuovi supporti. Il primo esempio di questa nuova generazione é stata la Biblioteca Pubblica d’Informazione (BPI) al Centre Pompidou che dal 1977 rappresenta la biblioteca pilota per tutti i programmi in corso e che, aperta a tutti e specializzata per i bambini tra i sei e i quattordici anni, ha in dotazione 1.000.000 di documenti in libera consultazione la metà dei quali é su supporto audiovisivo.
Nella mediateca che va trasformandosi inesorabilmente in un megastore culturale emergono continuamente nuove funzioni. Accanto alle collezioni riservate e alla zona a scaffale aperto con le aree di consultazione che restringono le loro dimensioni, chiedono spazio le aree per attività e conferenze, quelle per l’ascolto della musica, quelle per gli audiovisivi, per l’emeroteca e le novità, l’artoteca, lo spazio internet, le aree multimediali con CD, DVD, CD ROM, tea room e caffé che chiedono a loro volta spazi per l’incontro e la riflessione. E se il catalogo cartaceo é sparito, il numero di accessi all’indice telematico si misura con il numero di postazioni computerizzate connesse.
La risposta del pubblico verso questo nuove strutture é entusiasta e in continuo aumento in tutta Europa ma l’eterogeneità degli utenti pone nuovi problemi.
Non un pubblico ma tanti pubblici. Sottoscrittori, visitatori, studenti di tutte le età e di tutte le classi sociali, ognuno richiede un differente approccio, differenti interazioni con gli altri attori della vita comunitaria. Nasce quindi la necessità di strategie spaziali capaci di avvicinare o allontanare certi tipi di lettori, di avvicinarli o meno ai diversi tipi di media e di supporti.
L’architettura della biblioteca é così costretta ad affrancarsi dalla tradizione per via della rivoluzione interna al sistema dell’informazione.
La biblioteca del nuovo secolo é in larga parte da inventare.
Certamente la formula della mediateca deve seguire le orme della “biblioteca immediata”, edificio che abolisce la frontiera con l’esterno per offrirsi alla città e alla gente, come luoghi da abitare, disponibili all’incontro sociale e flessibili alla molteplicità d’uso. La mediateca “Jean-Pier Melville” di Parigi e quella “Le Carré d’Art” a Nimes sono gli esempi di oggi tutti debitori della biblioteca comunale di Viipuri di Aalto che per primo avvia questo processo di disgregazione della barriera interno-esterno.
Mentre la “biblioteca permanente” come la bellissima Exter Lybrary di Kahn concepita come “un invito alla lettura… un posto dove una persona é sola, vicino a una finestra”, quasi uno studio privato un organismo indivisibile che mostra la propria forza anche in assenza di dialogo con l’esterno e che difenda la cultura di tutte le epoche e di tutte le forme dagli attacchi del tempo sembra ormai appartenere ad un tempo passato.
La nuova mediateca ha la necessità di presentarsi come una successione di spazi, collegati fra loro ma indipendenti nei quali l’architettura, la volumetria, le caratteristiche acustiche, la qualità dell’illuminazione, l’ergonometria dell’arredo, le relazioni funzionali fra i servizi differiranno di volta in volta nel passare da una funzione all’altra.
Ma la multimedialità continuerà a modificare le abitudini dei lettori, la gestione delle attrezzature, la configurazione dei programmi e delle architetture. La possibilità, poi, di accedere da qualunque postazione computerizzata a tutto il patrimonio nazionale o mondiale fa prevedere facilmente che a breve termine le funzioni stesse della biblioteca potranno subire ulteriori sconosciute trasformazioni.
E allora?
Allora l’urgenza in questo momento é una sola: flessibilità.
E il tipo non può essere altro che il contenitore.
Certo un contenitore altamente specializzato nella organizzazione degli spazi e nei loro requisiti tecnologici e funzionali perché l’accessibilità, il pre-cablaggio, il controllo del rumore, della luce, della temperatura e della sicurezza, le necessità di vicinanza e di relazione tra i diversi spazi sono le richieste altrettanto importanti che non possono essere disattese.
I concetti funzionali e distributivi che hanno guidato l’elaborazione del progetto sono stati quindi:
- Involucro trasparente; in modo che dall’esterno si abbia la perfetta visibilità e il controllo delle funzioni interne nell’ottica di togliere quella certa sacralità agli spazi della cultura e restituirli alla città come semplici luoghi d’incontro.
- L’atrio con il caffé e i collegamenti verticali come centro della struttura e luogo d’incontro e di soggiorno.
- Vincolo di vicinanza con il settore d’ingresso, le informazioni di comunità e l’emeroteca. Le persone possono intrattenersi, rifocillarsi, sfogliare un libro o una rivista presi dall’adiacente settore d’ingresso.
- Su questa sala centrale devono affacciare tutti i settori della biblioteca. L’atrio é lo spazio sociale e gli utenti sono gli attori di questa rappresentazione di vita comunitaria.
- Collegati con l’atrio possiamo avere spazi multifunzionali per mostre e manifestazioni e l’area per i bambini, zone che però devono garantire prestazione di isolamento acustico per evitare il disturbo dei settori adiacenti.
- Prevedere ampi spazi per la lettura sia all’interno che all’esterno.
Il controllo della qualità di illuminazione pretende che:
- massimizzazione della luce naturale nelle aree di consultazione e di lettura che vanno
quindi sistemate lungo il perimetro dell’edificio;
- condizioni di penombra nei settori video e delle attrezzature computerizzate.
Queste prime considerazioni dovevano poi essere naturalmente confrontate e relazionate con quelle che scaturiscono dalla necessità, come richiedeva il programma comunale e il principio di una corretta impostazione progettuale, di concepire un edificio a carattere bioclimatico.
Ormai le certezze riguardo alla inesauribilità delle fonti energetiche fossili e agli altissimi costi collettivi in termini di qualità della vita e d’impatto ambientale che si generano dall’uso di queste fonti, riconsegnano agli architetti il ruolo per la realizzazione di condizioni microclimatiche interne soddisfacenti utilizzando i sistemi di controllo passivi e a basso contenuto energetico minimizzando l’uso dei sistemi attivi abitualmente campo d’azione degli ingegneri.
Si riafferma il ruolo dell’edificio come un modificatore del clima, con i sistemi elettrici e meccanici usati esclusivamente per ampliare le sue possibilità piuttosto che risultarne in totale dipendenza.
La strada per la realizzazione di edifici “energeticamente intelligenti” passa allora per l’accettazione di almeno tre concetti che hanno un’influenza importante sull’approccio al progetto:
- l’uso di un SISTEMA MISTO per il controllo delle condizioni ambientali, che usi sistemi passivi quando le condizioni esterne lo permettono, riservando l’uso dei sistemi attivi per le condizioni più estreme quando la richiesta di riscaldamento o raffrescamento supera le capacità del sistema naturale;
- preferire l’uso di risorse energetiche rinnovabili per i sistemi attivi;
- il terzo e innovativo concetto accettato nelle più recenti realizzazioni é che le condizioni interne possano variare, particolarmente in estate, lasciando che la temperatura salga a livelli significativamente più alti di quelli che sono stati fino ad ora accettati (ad esempio 28° o 29° anzichè 25° o 26°).
Il criterio progettuale diventa così piuttosto il non superare una determinata temperatura per più di uno specificato numero di ore annue.
La strategia progettuale parte allora da un’attenta analisi delle condizioni climatiche del sito e delle condizioni microclimatiche interne che corrispondono a una situazione di benessere, passa per le decisioni preliminari che riguardano il tipo e la forma dell’edificio che determinano le sue potenzialità nell’uso dell’energia solare, del vento e della temperatura esterna, per continuare con il progetto dettagliato dello sviluppo dell’edificio che concerne l’ammissione o il rifiuto della radiazione solare, dell’aria fresca esterna e del guadagno o dispersione di calore a causa della differenza di temperatura e per finire con lo studio dell’influenza sulle condizioni interne di una sufficiente massa termica e un adeguato movimento dell’aria dovuto alle forze naturali.
Il progetto dell’edificio, interpretato come completa integrazione di architettura, struttura e condizioni ambientali, sviluppato sotto la preziosa guida del Prof. Adolfo Sapeva, educatore sapiente e appassionato come pochi, ha approfondito anche gli aspetti strettamente costruttivi entrando nello studio del dettaglio architettonico di ogni parte e componente dell’edificio, realizzando un vero e proprio progetto esecutivo della mediateca.
Alcuni membri della Commissione di Laurea non hanno apprezzato molto questo tipo di approfondimento, privandomi della soddisfazione della lode, come se l’architetto debba essere un artista capace di immaginare visioni fantastiche senza preoccuparsi degli aspetti concreti della realizzazione, dimenticando che da sempre, negli esempi più alti, l’architettura è l’arte del costruire.
Carlo Quattrucci, Ponte Sisto, acrilico su tela, 1979
Carlo Quattrucci,, La lozana andalusa, bronzo, 1978
Carlo Quattrucci, La metamorfosi di C. Clay, bronzo, 1978
Maurizio Gaibisso, Woods, olio su tela, 1999
Maurizio Gaibisso, Segni 2, olio su tela, 2000
Maurizio Gaibisso, Tringlo, olio su tela, 2001
- il professore Adolfo Sajeva per il prezioso lavoro di supporto, la passione didattica e l’amore per l’architettura che sa infondere nei suoi allievi
- mia moglie Tiziana Quattrucci per la pazienza e l’impaginazione
- Carlo Quattrucci per le immagini dei quadri e delle sculture
- Maurizio Gaibisso per le immagini dei quadri, le bollette del telefono e l’amicizia dimostrata
- l’architetto Pietro D’Ambrosio e Giulio Imparato per il valido aiuto
- i miei bambini Aldo e Alessandra per avermi dato l’energia
- i miei genitori Rosa e Aldo per il sostegno morale e l’affetto